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Eliminiamolo! API, FLI e PD ci provano con il decreto Pisanu
06/10/2010 07:00 CET
di Fabio M. Zambelli
La proposta che sarà fatta oggi pomeriggio mira a riportare l’Italia al livello di tutti gli altri paesi civili, che siano gli ultimi 86 giorni di ingiustizia. Già fatti abbastanza danni, adesso basta. Aggiornato.
Da 5 anni in Italia è impossibile usare liberamente le reti Wi-Fi se prima non si è perso tempo nel fornire dati di identificazione, che nessuno controlla. Questa vergogna che frena lo sviluppo tecnologico del paese si chiama decreto Pisanu. Aggiornato.
Il “bello” è che questa legge è stata mantenuta viva, di anno in anno, sia dal centro-destra che dal centro-sinistra
Oggi, lo stesso centro-destra e centro sinistra (se pur in forma mutata) proporranno di eliminare il decreto Pisanu. Lo segnalano La Stampa e L’Espresso, sottolineando che in questo periodo ci hanno guadagnato soltanto le telecom che hanno venduto a più non posso i modem 3G ed i relativi abbonamenti ad Internet.
Questo pomeriggio Linda Lanzillotta (Alleanza Per l’Italia), Paolo Gentiloni (Partito Democratico) e Luca Barbareschi (Futuro e Libertà per l’Italia) illustreranno la proposta che, speriamo, venga sottoscritta dalla maggioranza dei nostri rappresentanti al Parlamento: “abrogazione delle norme recanti limitazioni dell’accesso a Internet”.
Chi è abituato a viaggiare in tutto il mondo, ma basta solo mettere il piede fuori confine, avrà notato che in paesi più civili del nostro esistono ovunque hotspot Wi-Fi liberi e gratuiti ai quali si accede (spesso senza limiti di tempo) solo cliccando su “accetto le regole”.
Qui no, si teme un assurdo “terrorismo” che sarebbe pronto ad usare Internet per non si sa bene quale minaccia. Non succede a New York City dove i parchi sono pieni di reti Wi-Fi aperte, dovrebbe succedere a Bari, Roma o Torino?
In uno slancio inaspettato anche il politico sardo che ha dato il suo nome a questa legge, Beppe Pisanu, cancellerebbe il decreto Pisanu. Pur con tutte le cautele del caso.
Tutte inutili le cautele, qualcuno ha pensato al solo invio del numero del proprio cellulare invece che tutti i dati della carta d’identità, della cartella esattoriale, degli ultimi esami del sangue e del nome della squadra preferita… ogni cosa che implica un sistema più lungo del cliccare il tasto “accetta” è una ignobile perdita di tempo. Non si devono sforzare in grandi elucubrazioni a Roma, devono semplicemente copiare quello che succede altrove e terminare le proroghe di fine anno.
Lo sa anche Apple e si lamenta di non poter offrire l’accesso libero dai suoi 4 Apple Store ma, seppur con un fantastico ritardo, solo nelle ultime settimane si è accorta dell’esistenza della legge ed ha impedito ai visitatori dei suoi negozi italiani di agganciarsi al Wi-Fi gratuito.
Che la ragionevolezza sia con voi, per una volta ogni tanto fate quello che la gente vuole e non solo gli interessi di qualcuno!
Aggiornamento del 06/10/2010: ecco il testo della proposta di legge, sostenuta anche da Roberto Rao (UDC).
Onorevoli colleghi,
Il decreto legge 27 luglio 2005, n.144, adottato dal Governo Berlusconi con la legge 31 luglio 2005, n.155, recante “misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale” fu, a suo tempo, la risposta del legislatore al clima di paura generato dalla strage del 7 luglio 2005 a Londra.
In particolare l’art. 7 del decreto (Integrazione della disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telefonia e Internet), come modificato dalla legge di conversione prevede che
“… chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti e dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche deve chiederne la licenza al questore … sono stabilite le misure che il titolare o il gestore di un esercizio in cui si svolgono le attività di cui al comma 1 è tenuto ad osservare per il monitoraggio delle operazioni dell’utente e per l’archiviazione dei relativi dati … nonché le misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili”.
Le norme sopra citate sono state oggetto di numerose proroghe fino a quella di cui alla legge 25/2010 di conversione del D.L. 30 dicembre 2009, n.194.
Una tale rigidità nella regolamentazione dell’accesso ad Internet è, di fatto, una caratteristica che trova riscontro solo in Italia.
Va, infatti, segnalato che la Legge Pisanu 155/2005 non è seguita a una direttiva europea, ma è stata piuttosto ispirata dal diffuso sentimento di chiusura e paura generato dalle azioni terroristiche.
Nello specifico di quanto previsto dal citato articolo 7, di fatto, oggi l’Italia è l’unico paese in Europa ad avere un regolamento così severo e restrittivo sull’utilizzo delle reti Wifi aperte.
Negli Stati Uniti il discusso “Patriot Act” (introdotto dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 col preciso scopo di ridurre il rischio di attacchi terroristici) rinforza il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi, quali CIA, FBI, NSA, permettendo intercettazioni anche senza mandato e riducendo di fatto la privacy dei cittadini, cosa che nel nostro paese sembra invece non essere considerata come possibile soluzione.
La normativa italiana rappresenta, però, un notevole ostacolo alle nuove modalità di fruizione e accesso alla rete da parte dei cittadini e anche per l’erogazione di nuovi servizi da parte delle pubbliche amministrazioni ed enti pubblici. Servizi informativi georeferenziati trovano applicazione e utilità in molteplici campi, con forti ricadute non solo sulla vita dei cittadini ma anche sull’intero sistema economico di un territorio. A causa dell’art 7 del decreto Pisanu, ad esempio, In Italia nessuna biblioteca, azienda privata o pubblica può dare libero accesso alla propria rete wifi se prima non ha fotocopiato o scansionato il documento di identità dell’utilizzatore, si è attrezzata per controllare gli accessi alle singole postazioni e i software utilizzati dagli utenti; con la conseguenza di negare di fatto la possibilità di utilizzo libero della rete wifi.
I risultati dell’applicazione di tali norme sono difficilmente quantificabili. Va rilevato come l’acquisizione di dati personali e il divieto di fornire accesso libero alla rete appaiano misure del tutto inefficienti. Queste norme, in effetti, non appaiono in alcun modo sufficienti a impedire l’attuazione di un illecito, poiché facilmente aggirabili anche da parte di soggetti con conoscenza informatica piuttosto limitata.
A fronte di risultati quasi inesistenti in termini di sicurezza, i costi delle norme oggetto del nostro esame sono invece altissimi.
Esse hanno costituito un ostacolo alla crescita tecnologica e culturale di un paese già in ritardo su tutti gli indici internazionali della connettività a Internet: nel momento in cui la rete si apre sempre di più al prossimo grazie alle tecnologie wireless, alla diffusione di device mobili sempre più economici e performanti, in Italia abbiamo imposto lucchetti e procedure artificiose.
All’estero Internet si sta affermando come strumento che spetta di diritto agli individui in quanto strumento indispensabile per la crescita culturale e sociale dell’individuo, favorendo l’interazione con l’altro e costituendo un’infrastruttura per il progresso sociale ed economico da favorire e da proteggere.
In Italia, al contrario, complici leggi miopi o leggi d’emergenza protratte nel tempo spinte da sentimenti di paura e sfiducia nelle azioni del prossimo, la rete sembra essere considerata il luogo comune dell’inutilità, della devianza, del reato diffuso.
Questa legge ha contribuito a trasformare un paese spaventato in un paese più arretrato, più complicato, pessimistico, dove ai proclami su semplificazione e innovazione si contrappone una normativa bloccante, che priva i soggetti che si impegnano nella crescita del paese dello strumento base su cui lavorare.
L’assenza di una rete diffusa, aperta e accessibile costituisce ostacolo talvolta insormontabile per:
accesso a servizi pubblici della Pubblica Amministrazione, che al momento vede nelle forme di connettività attuali un limite alla reale possibilità di fornire servizi innovativi, nella sua accezione più varia: prenotazioni, richieste certificati e documentazione, informazioni di diversa natura su attività di enti;
servizi informativi (sia push che pull) diretti al cittadino, di carattere generale o georeferenziati;
servizi di infomobilità: mezzi pubblici, informazioni sul traffico, servizi di alerting per le emergenze;
servizi innovativi per la fruizione di beni culturali, ambientali e servizi per il turismo, con immediate ricadute positive sia per cittadini residenti che per turisti, che possono accedere in qualsiasi momento a portali per il turismo che forniscano informazioni e servizi integrati: dai trasporti alla ristorazione, dalle informazioni sulle strutture alberghiere alla creazione di itinerari turistici tematici;
erogazione di servizi specifici destinati a diversamente abili (quali, ad esempio, soggetti con possibilità di mobilità ridotta o non vedenti), che potrebbero avere accesso a servizi specifici quali percorsi guidati o segnalazione di edifici di interesse specifico;
nuove forme di fruizione di servizi pubblici in ambienti pubblici come aree verdi, biblioteche, ospedali, dove l’impossibilità di accedere alla rete vincola i cittadini a forme di fruizione dei servizi oramai obsolete;
servizi per la sicurezza: una rete diffusa permetterebbe anche ai soggetti con compiti di polizia o sicurezza (Vigili urbani, Vigili del fuoco, Croce Rossa) di attivare servizi diffusi per l’ottimizzazione del loro lavoro;
Alla luce di quanto esposto finora, appare evidente come sia urgente l’abrogazione delle norme in questione che costituiscono un limite per una società che vuole tenere il passo del panorama internazionale e che vede nella possibilità di innovare e innovarsi un percorso obbligato e una necessità per una reale crescita economica, sociale e culturale.