Il 30% degli hotspot italiani è fuori legge
11/01/2010 07:01 CET
Stando ai dati di WeFi saremmo in media ma è stupefacente sapere che tutti quelli aperti dovrebbero invece essere chiusi. Il decreto Pisanu continua a vessare chi vuole essere in regola e gli altri alzano le spalle.
Purtroppo anche per quest’anno non potranno esistere in Italia hotspot Wi-Fi accessibili senza l’utilizzo di una password, collegata ad una registrazione dell’identità.
Sono pochissimi i paesi dove esiste una regolamentazione tanto rigida quanto senza controllo, insomma perfettamente inutile.
La dimostrazione che l’accesso ad Internet è ugualmente libero in molti luoghi della nostra penisola, senza che le autorità muovano un dito per far rispettare le (pur sbagliate) leggi, ce lo fornisce una ricerca di WeFi.
Il sito che cataloga sul territorio i punti d’accesso al web, attivo dal 2007, ha verificato dove gli hotspot pubblici necessitano di una password e dove invece sono liberamente accessibili, su un database di circa 50 milioni di aree Wi-Fi (il 10% del totale sul pianeta).
Nonostante tutto (qui è nata la rete internazionale Fon) sembra che la Spagna sia uno dei paesi poco accoglienti dal punto di vista degli hotspot aperti, meno del 20% resta sbloccato, mentre il Belgio è tra i paesi europei con più hotspot accessibili liberamente (tra il 30 ed il 40%).
L’Italia rispecchia la media mondiale con il 30% di questi sbloccati. Ma è strano perché nel resto del mondo non esiste una legge che obbliga a mettere una password a tutti gli hotspot, gratis oppure a pagamento. Il 30% degli hotspot italiani è quindi fuori legge.
In USA il 40% del Wi-Fi per il pubblico è disponibile liberamente, superano questo livello paesi (alcuni più minacciati dal terrorismo dell’Italia) come Israele (46%), Tailandia (49%) e Bahamas (69%).