L’ABC per entrare nella rivoluzione del Mac App Store
21/10/2010 08:00 CET
Sviluppare software per Mac diventa una situazione ibrida, ci sarà chi continuerà a fare applicazioni tradizionali e poi chi per il nuovo canale distributivo del Mac App Store, che aprirà il 20 gennaio 2011. Ecco come prepararsi.
Apple ha preso l’esperienza fatta con i dispositivi iOS e l’ha messa nel Mac, creando le premesse per il prossimo sistema operativo Mac OS X “Lion”, atteso per la prossima estate.
Prima di quella data ci si avvicinerà per gradi al nuovo modo di creare applicazioni, uno che per il momento si affiancherà in modo parallelo a quello “tradizionale”, ovvero quello del Mac App Store.
Mutuato molto dal concetto dell’App Store, dal quale finora sono stati scaricati 7 miliardi di applicazioni (tra gratis ed a pagamento), il nuovo canale distributivo made in Cupertino aprirà al pubblico tra 90 giorni, quindi il 20 gennaio 2011. Ma già da novembre gli sviluppatori interessati potranno accedere alla nuova struttura (che si terrà il 30% del guadagno, come App Store, ma caricandosi l’onere dell’hosting e del marketing) e cominciare ad inviare software ad iTunes Connect.
Il Mac Developer Program costa 99 dollari all’anno e con esso si ricevono tutti gli strumenti utili alla programmazione, compreso Xcode, appena aggiornato alla versione 3.2.5, alla base delle applicazioni per Mac.
Le linee guida per farsi approvare i software da Apple (leggibile se si è iscritti) stabiliscono quelle regole, che possono piacere oppure no, da osservare rigidamente, sperando che lo stesso rigore venga seguito da Apple, senza fare i tanti errori noti con la censura zoppa vista finora. Molto è stato preso da quelle “rilassate” per iOS.
I divieti principali (con un’ampia libertà d’azione per Apple) della nuova ondata di moralizzazione informatica di Cupertino sono: evitare di inviare software inutili; evitare di continuare a duplicare qualcosa di già esistente (nuova specie di spam); evitare di usare nomi di Apple (chissà se si accorgeranno anche dei siti che lo fanno impunemente); evitare di inserire uno store dentro le applicazioni; evitare di generare contenuto con pornografia frequente; evitare di incoraggiare l’uso di alcol, fumo o droghe; evitare di inviare software dannosi per il dispositivo; evitare di identificare come nemici dei giochi le razze/culture/governi/aziende oppure altre entità reali; evitare di inviare giochi basati sulla roulette russa; evitare di inviare software contenenti contenuti particolarmente crudi od ebiettivamente contestabili; evitare di inviare applicazioni che sfruttano le scommesse illegali.
Certo con l’uso di termini come “troppo”, “frequente” o “inutile”, del tutto opinabili e senza un “giudice” terzo a disposizione, la garanzia che il lavoro creato dallo sviluppatore possa andare in vendita non c’è più, le forche caudine imposte da Apple sono sempre vaghe.