Apple diventa meno rigida su come programmare per iOS
09/09/2010 15:00 CET
Passo indietro sulle restrizioni di come lo sviluppatore deve creare software da distribuire su App Store. Forse l’antitrust di Washington aveva fatto intuire a Cupertino che non potevano dettare certe regole. Glasnost californiana! Aggiornato.
Ci sono volute 19 settimane ma Apple ha dovuto cambiare idea su come gli sviluppatori devono programmare i propri software destinati agli iPad/iPhone/iPod touch e quindi distribuiti dall’App Store.
Le sezioni 33.1, 3.3.2 e 3.3.9 dell’iOS Developer Program ora cambiano, Apple scrive di averlo deciso dopo aver ricevuto gli input dagli utenti. Forse qualche input lo deve aver mandato anche FTC – Federal Trade Commission, con le ipotizzate indagini in corso da mesi sulle restrizioni finora imposte da Cupertino.
I software dell’App Store potranno adesso essere compilati con qualunque soluzione, comprese quelle di Adobe, che però aveva già annunciato di abbandonare il progettodopo l’ostracismo di Apple. L’unica condizione posta da Apple è che il risultato non debba scaricare alcun codice, preservando così la sicurezza voluta da Apple.
Aggiornamento del 09/09/2010: assieme a questa notizia Apple ha fatto sapere che avrebbe pubblicato le regole d’approvazione delle applicazioni. Eccole (bisogna essere sviluppatori registrati, altro che informazioni pubbliche), spicca tra tutti i punti la frase un po’ sboccata “we have over 250.000 apps in the App Store. We don’t need any more fart apps” (abbiamo oltre 250.000 applicazioni nell’App Store. Non ci servono altre applicazioni scoreggione), che deve aver scritto Steve Jobs, il quale peli sulla lingua non ha. Apple aggiunge che rivolgersi alla stampa dopo il rifiuto di una applicazione non aiuta (tuttavia questo processo ha finora dimostrato esattamente il contrario), bisogna rivolgersi al Review Board per un appello. Si fa divieto di menzione nella stessa applicazione di altre piattaforme. Le grandi aziende che producono software non amano i piccoli sviluppatori ed Apple lo vuole far sapere, apparentemente sostenendo questa tesi potenzialmente distruttiva. Solo agli umoristi e specialisti in satira “professionisti” si concede di diventare offensivi contro qualcuno o qualcosa. Anche Apple massifica nelle soluzioni P2P tutto quello che di illegale esiste in rete, forse Cupertino avrebbe dovuto dimostrare che i file si possono condividere con questo sistema, chiedere alle software house che fanno scaricare i propri software così. Attendiamo Apple al varco della traduzione nelle varie lingue di queste regole scritte in modo poco legalese e molto comune.
Aggiornamento del 09/09/2010: l’annuncio ha fatto schizzare a +12% le quotazioni in borsa di Adobe!