Garante della Privacy italiano indaga su Street View
19/05/2010 17:00 CET
I dati dalle reti Wi-Fi aperte raccolti erroneamente dalle vetture di Google che fotografano le nostre strade vanno nel mirino di Antonio Catricalà. Aggiornato.
Va di moda occuparsi di Google ed anche in Italia le autorità ci danno dentro (a volte senza nemmeno sapere di come si pronuncia), dimostrando un’improvvisa preoccupazione per i mezzi tecnologici.
In Italia gli hotspot aperti non ci sono o non dovrebbero esserci, in base alla tristemente vigente normativa, ma il Garante della Privacy decide che bisogna indagare sul caso di Google Street View.
Da Mountain View si sono già scusati, hanno spiegato che si è trattato di un incidente la raccolta dei dati dalle reti Wi-Fi aperte e che comunque non hanno mai utilizzato quelle informazioni (mai citando l’Italia).
Invece no, l’istruttoria avviata oggi nel nostro paese mira a saperne di più sui “dati eventualmente “captati” dalle “Google cars”, la società dovrà comunicare al Garante la data di inizio della raccolta delle informazioni, per quali finalità e con quali modalità essa è stata realizzata, per quanto tempo e in quali banche dati queste informazioni sono conservate. La società dovrà chiarire, inoltre, l’eventuale impiego di apparecchiature o software “ad hoc” per la raccolta di dati sulle reti WiFi e sugli apparati di telefonia mobile. La società dovrà comunicare, infine, se i dati raccolti siano accessibili a terzi e con quali modalità, o se siano stati ceduti”
Non sarebbe meglio, prima, eliminare il decreto Pisanu invece di rimbalzarsi le responsabilità e dichiarando che nessuno dei signori del Palazzo lo vuole?
Aggiornamento del 20/05/2010: oltre alla Germania, che aveva fatto scoppiare il caso, ora anche Francia e Spagna si associano all’Italia per le investigazioni sull’abuso (involontario) di Google.