Senatori USA interrogano Apple, Facebook e Google sulla privacy
19/05/2011 21:30 CET
Come operano le applicazioni ed i dispositivi mobile quando ci sono di mezzo i dati sensibili dei cittadini, specialmente dei minori? A Washington lo vogliono sapere, ma le risposte delle aziende non sono state il massimo.
Oggi pomeriggio il comitato senatoriale statunitense su commercio, scienza e trasporto ha ascoltato i principali protagonisti del mercato mobile su questioni di privacy.
Nonostante il sottopancia allo streaming in diretta abbia mostrato poca nozione di cosa sia il mercato mobile (scritto “mobille”), i senatori intervenuti erano piuttosto preparati, tanto che a molte questioni i rappresentanti di Apple, Facebook e Google non hanno dato risposte esaustive.
Dopo la prima audizione a Washington di Apple e Google sullo specifico tema della tracciabilità su scala geografica degli utenti di dispositivi mobile, le stesse aziende più il social network più famoso al mondo hanno dato spiegazioni in questa seconda audizione su come viene gestita la privacy dei consumatori.
Il panel presente nei saloni del Senato è stato arricchito dalle consulenze di Amy Guggenheim Shenkan (Common Sense Media) e Morgan Reed (Association for Competitive Technology).
Con un cartello alle spalle dei senatori Rockefeller e Pryor recante la scritta “ci stanno controllando?” sopra ad un riconoscibile smartphone, un iPhone in mano al senatore Blunt ed un iPad alla senatrice McCaskill, i rappresentanti dei cittadini statunitensi hanno incalzato sulla raccolta di dati per la mappatura anonima, sul controllo dei minori di 13 che in teoria non possono avere account (però pare che siamo milioni ad essere su Facebook) e sulla scarsa trasparenza di quello che succede ai dati dei consumatori.
Quello che hanno risposto Catherine Novelli (per Apple, ecco la sua testimonianza scritta), Bret Taylor (per Facebook) ed il già noto Alan Davidson (per Google) non sono state grandi sorprese: a volte vaghe, a volte una cantilena già sentita ed altre un antipatico strisciare di unghie sullo specchio, come quando un senatore ha chiesto se non violassero la legge le applicazioni che permettono a chi guida ubriaco di conoscere in quali strade ci sono i blocchi di controllo della polizia. “Le faremo sapere” ha risposto la Novelli, ma il senatore le ha risposto “però è da 2 mesi che sapevate di questa domanda, ancora non avete la risposta?”.
Ecco i punti ribaditi da Apple:
1) abbiamo un’unica politica sulla privacy nota a tutti, non diamo dati sensibili a terze parti senza il consenso dell’interessato
2) proteggiamo i minori con un semplice pannello protetto da password e dedicato ai genitori
3) non consentiamo ai minori di 13 anni di aprire l’account di iTunes/App Store e non mostriamo pubblicità nei software per ragazzi
4) non tracciamo nessuno ed i dati raccolti sono anonimi
5) se gli utenti non danno il permesso le terze parti non possono usare i dati di localizzazione.
Tuttavia Apple non si è pronunciata su alcuna delle legislazioni allo studio sulla privacy, ma il tema è importante e la società di Cupertino vuole collaborare con le autorità.