Disastrosa rassegna stampa per Apple
13/08/2008 16:00 CET
rimbalzano da giorni. Questa volta la stampa generalista italiana,
condanna la "black list" nell'iPhone e fa passare Steve Jobs per il
Grande Fratello. Aggiornato.
In base all'articolo di lunedì mattina pubblicato online dal Wall Street Journal i giornali italiani si sono destati ed hanno intuito che era il caso di scrivere tutti dello stesso argomento: "il controllo a distanza dell'iPhone".
Bisogna pur venderli questi quotidiani e allora giù pagine intere di scandali, Steve Jobs passa quindi per il Grande Fratello che spia le telefonate ed i messaggi degli allocchi che hanno comperato a caro prezzo l'iPhone. Forse non è esattamente così, ma a chi importa, no?
Ecco cosa scrivevano in coro questa mattina (due giorni dopo, ieri non c'era un rigo) i blasonati quotidiani, in base a quanto dettato a distanza dall'ADOC – Associazione per la Difesa e l'Orientamento dei Consumatori, che evoca chiarezza da parte della Polizia Postale e da parte del Garante della Privacy, per non ricorrere al sequestro dei prodotti ancora invenduti e la sostituzione di quelli già nelle mani dei clienti ignari di questa funzione.
La Repubblica (che nelle grafiche chiama "Apple Store" quello che in realtà è l'"App Store") insinua che nell'iPhone "potrebbero finirci anche applicazioni sfavorevoli al business di Apple". Il Giornale (che usa una foto mostruosa di Steve Jobs, oltre che con l'iPhone vecchio) non perde l'occasione di dare dei "maniaci" a chi ha un iPhone. La Stampa (anch'essa sceglie dall'archivio fotografico l'iPhone di prima generazione, presentato nel 2007) cita il comunicato dell'ADOC ponendo l'accento sui problemi di privacy. Dal Corriere della Sera nulla di particolarmente originale rispetto agli altri giornali ma un dato finora ignoto del target a cui sarebbe indirizzato l'iPhone, ovvero chi ha tra i 15 ed i 25 anni.
Fin da quando l'iPhone poteva sfruttare solo le risorse Web 2.0 Apple aveva sempre spiegato che il controllo del software installabile era essenziale, poi una volta convinto Steve Jobs che fosse cosa buona e giusta l'utilizzo di applicazioni sullo smartphone a Cupertino non hanno mai fatto un passo indietro da quel paventato controllo.
Piuttosto sarebbe da sottolineare che Apple si è lasciata sfuggire software "indesiderati" sull'App Store quando tutti i meccanismi inventati per filtrarli e testarli dovevano eliminare l'ipotesi a monte. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere chi paga un collegamento verso Cupertino per il controllo della black list quando l'utente è convinto di usufruirne per altri utilizzi (sia UMTS che Wi-Fi non sono ad uso illimitato per tutti, come accade in USA). Si poteva citare l'esperienza del Mini Store personalizzato su iTunes Store che, una volta scoperto, è stato autorizzato a funzionare solo se l'utente lo desiderava.
Sono temi troppo oltre, aspettiamo che ne parli un sindacato dei consumatori ed i giornali faranno a tutta pagina il copia e incolla del comunicato.
Aggiornamento del 13/08/2008: potevano essere da meno Federconsumatori e ADUSBEF – Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari E Finanziari (che scrivono "Aplle" ed "i Phone")? Eccoli che rilanciano con un'azione congiunta: "esposto urgente al Garante della Privacy per verificare le compatibilità con l'ordinamento italiano ed europeo, riservandosi ulteriori azioni a tutela dei cittadini".