Apple onnipresente nelle serie TV
17/04/2006 07:00 CET
pieni. Tutto pagato da Apple? Molto poco. Il resto è presenza
spontanea, semplicemente perché sono prodotti di design, di qualità e
di moda.
Con Place Views la Nielsen ha calcolato le presenze dei prodotti di Apple nei elefilm di maggior successo in prima serata.
I computer o i lettori multimediali portatili di Apple sono apparsi 250 volte in 38 diverse serie televisive trasmesse nel prime time della televisione nord americana. Un totale di 26 minuti di esposizione, che Apple non ha mai (o quasi) commissionato come operazione di puro marketing.
La PQ Media ha calcolato l'anno scorso che nel 2004 i prodotti "sponsor" nei film e telefilm sono cresciuti del 44% pagando 1 miliardo di dollari ai produttori cinematografici per guadagnare visibilità. Nel 2005 i prodotti "sponsor" dovrebbero crescere del 31,9%, del 34,1% quest'anno e del 35,6% nel 2007.
In "Family Guy" Stewie ha mimato la silhouette della pubblicità dell'iPod, in "Stacked" Pamela Anderson cerca il proprietario di un iPod abbandonato in una libreria, in "The Office" i protagonisti cercano di riciclare i regali di Natale scambiandoli per un iPod. Regolari presenze si contano in "Las Vegas", "24", "CSI" e molti altri.
"Non si tratta di bevande o detersivi, l'iPod è un prodotto di moda e Apple non ha alcuna necessità di pagare i produttori cinematografici perché lo usino e lo inquadrino nelle puntate dei telefilm, è un prodotto prestigioso con un aureola attorno" è l'osservazione di Ruben Igielko-Herrlich, a capo della Propaganda Global Entertainment Marketing.
Mentre la Volkswagen pagherebbe 3.500 dollari al giorno per far usare sul set dagli attori le proprie vetture, altri marchi come Lamborghini, Rolls Royce, Tag Heuer, Rolex, Ralph Lauren, Jack Daniel's e American Express Centurion non solo non investono denaro ma sono contesi per apparire nei film e telefilm.
"Apple detiene solo una piccola fetta del mercato dei computer con i suoi Mac, ma di gran lunga è il computer più presente in film e telefilm" è l'agro-dolce conclusione, però, dello stesso Ruben Igielko-Herrlich.